PENSANDO AL PADRE OTTUAGENARIO Mio caro Daniil, tuo nonno Vincenzo oggi compie 80 anni, e in base alla nostra norma di famiglia, con la sequenza di trent’anni che separa ciascuna generazione, questo significa che sia tu che io quest’anno siamo di cifra tonda: tu ne hai compiuti venti a inizio anno, io a fine anno ne compirò cinquanta. Ma ottanta!... Io ovviamente non lo so, se ci arriverò, agli ottanta. Non si sa, non lo sa nessuno. Lui eccolo lì, a furia di brontolare per una lunga vita, ma intanto… Pensando spesso al figlio, cioè a te, di riflesso mi viene spontaneo pensare spesso anche al padre, cioè a lui: perché mi ritrovo nella condizione di figlio e di padre a mia volta, e so che in quanto padre posso capire certe cose di mio padre, e in quanto figlio certe cose tue; ma anche viceversa: in quanto padre riesco a cogliere alcuni tuoi aspetti, e in quanto figlio a stanare lati poco chiari del mio genitore. Insomma, voglio dire che l’unico modo per cercare di capire qualcosa nei rapporti affettivi è ricordarsi di essere sempre, contemporaneamente, tutte le persone che si è. Quando un adulto cessa di sapersi anche bambino, adolescente e ragazzo, diventa pure meno adulto: soltanto più noioso e prevedibile. Certo, un bambino non può e non deve essere anche adulto: ma quella non è una carenza, è uno stato di freschezza, apertura e beatitudine che va protetto e fatto fruttare dai genitori: prima che le vie si facciano strette e prevedibili. E anche l’adulto che riesce a mantenersi un po’ bambino si allarga in qualche modo le visioni; se si mantiene adolescente resta capace ancora di indignarsi e ribellarsi; se resta ragazzo non perde il gusto della scoperta consapevole che innalza. Ma del nonno Vincenzo non sto parlando, però il festeggiato è lui… E del resto, lui lo conosciamo persona pacata e misurata… Ma forse tu, Daniil, non sai alcune cose di tuo nonno. Lo sai che da giovane era un bravo scacchista? Mi portava al circolo scacchistico di Salerno, pieno di signori silenziosi che fumavano e guardavano i pezzi sulle belle scacchiere di legno. La stanza era una ciminiera, dal tanto fumo, ai tempi si usava così. Persino il nonno, per non essere da meno, per un certo tempo fumava, però lui fumava la pipa. Aveva smesso più o meno quando ero nato io. Invece a scacchi aveva continuato a giocare, e voleva insegnarlo pure a noi figli; però non era paziente, e noi neppure… cosicché nessuno ha imparato a giocare bene a scacchi. E dire che è il gioco più bello che ci sia! E poi lo sai che il nonno quando ero piccolo era piuttosto grasso? Ma a Napoli a quei tempi chi non era grasso, con tutti i fritti e le cose gustose e abbondanti. Poi lui amava soprattutto i pasticcini, ne sbafava cabaret interi. E poi, così rotondo e grosso, si tuffava in mare e nuotava come un pesce. Era molto più aggraziato in acqua che non sulla terra ferma… E devi poi sapere che… Ma non voglio raccontarti tutte le cose che so del nonno. Spero sempre che tu lo possa vedere presto, e che te le racconti lui, a modo suo, esagerando qualche cosa, inventandone qualche altra, ma sempre schietto e sincero, però. Sempre a modo suo.

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